DON GIOVANNI (2006)- Interview, Reviews

DON GIOVANNI (2006) – INTERVIEW WITH DIRECTOR

Il regista polacco Michal Znaniecki parla dell’opera che aprira venerdi sera la stagione lirica del Grande
Ecco il mio Don Giovanni
In scena Santa Giulia crocifissa: «E’ l’elemento-chiave di tutto»

di Luigi Fertonani

Al teatro Grande si sta provando in questi giorni il «Don Giovanni» di Mozart, che venerdi 6 ottobre inaugurera la stagione d’opera e di balletto bresciana. E proprio il capolavoro mozartiano costituisce l’allestimento di quest’anno del teatro cittadino.
Durante una pausa delle prove e Michal Znaniecki, il regista polacco che firma questo importante titolo, ad illustrarci il suo lavoro. Entrando in teatro abbiamo notato una scena buia, cupa e notturna, alla cui sommita sta una riproduzione della statua di Santa Giulia crocifissa. E’ dunque questa la cifra stilistica di questo «Don Giovanni», dove entrano personaggi buffi come Leporello ma anche omicidi, spiriti d’oltretomba e cosi via?
«Beh, anzitutto la scena che lei ha visto e quella del cimitero. Ma devo dire che ho rinunciato a trattare quest’opera come lavoro buffo; il suo personaggio principale mi ha portato a raccontare anche un “dolore di vivere”. Anche nella parte dell’opera che non riguarda gli spiriti, l’anima del Commendatore e cosi via, per me la vita di Don Giovanni e gia un vero inferno sulla terra: da come tratta le donne a come viene punito. Questo mi ha portato a limitare un po’ la parte buffonesca, ad esempio in Leporello, che qui dunque emerge piu come personaggio ironico, a volte tagliente che come semplice buffone».
E Don Giovanni, il ruolo principale?
«Don Giovanni e un personaggio eternamente in fuga, nel lavoro di Mozart-Da Ponte. Quindi tutte le nostre idee su un Don Giovanni bellissimo, elegante seduttore, dobbiamo lasciarle al cinema, e a casa. Qui abbiamo un Don Giovanni che non e un eroe, fugge continuamente e oltretutto non ha delle vere e proprie arie importanti come invece Mozart assegna alle donne: da quelle di Donna Elvira a quelle di Donna Anna e addirittura della contadinella Zerlina, contro un Don Giovanni che ha due arie “di servizio” e una Serenata, bellissima ma molto semplice».
Un personaggio in corsa, in fuga insomma…
«Si, la fuga dei personaggi maschili, ma inseguiti dalle donne che si vogliono vendicare, ma anche amare, legare a Don Giovanni. Da qui e partita l’idea di una “citta delle donne” in cui proprio loro sono le vere protagoniste dell’opera: organizzano l’inseguimento, imprigionano Don Giovanni e gli fanno il processo finale. E sanno essere molto piu crudeli del Cielo, in quanto hanno molto da fargli pagare».
Ma c’e d’altra parte una Donna Elvira che tenta continuamente di salvare, di redimere il libertino…
«Si, e proprio Donna Elvira e la donna “vera”, quella che ha delle ricadute e che crede nell’amore. Una donna molto incoerente e in questo anche molto moderna; e anche una perdente, perché il fatto che Don Giovanni venga alla fine punito e per lei un grande dolore. Al posto suo arrivera Santa Giulia che scende dalla croce, e la vendica».
Un simbolo religioso, cristiano, in chiave un po’ dissacrante dopo che tanto scalpore ha destato l’Idomeneo di Mozart in Germania… O, in ambito piu “leggero”, la «crocifissione» della cantante Madonna sul palcoscenico del suo ultimo tour… Non sara una cosa che fara discutere?
«Arrivando a Brescia per allestire questo spettacolo e volendo conoscere la storia di questa citta sono entrato nel Museo di Santa Giulia e li ho visto questa statua di Santa Giulia crocifissa. Era l’epoca della grande discussione sul Codice da Vinci e, vedendo la statua… ho capito il mio Don Giovanni. Ecco la chiave della mia regia. Una donna crocifissa e comunque un simbolo cristiano e per me averla in scena e un onore: sono polacco e sono cattolico, non lo faccio certo per puro scandalo. Se la scelta verra letta cosi, non e davvero un problema mio».

DON GIOVANNI (2006) – REVUES

(15 ottobre, 2006) Corriere della Sera

Il debutto a Brescia

Don Giovanni un po’ dark ma avvincente

Don Giovanni e in Lombardia. A Milano, dove rivive nella importante edizione Dudamel-Mussbach, ma anche in altri quattro teatri regionali: di Brescia, dove se ne e prodotta una nuova edizione, e di Como-Pavia-Cremona, dove la si potra ascoltare a giorni. E un Don Giovanni nemmeno giovane, bambino, con un cast di freschi vincitori del Concorso Aslico, la direzione di Carlo Tenan e la regia di Michal Znaniecki, artista cui l’ etichetta di emergente si appiccica perfettamente. Un Don Giovanni dark, con tutto l’ armamentario che ne consegue di borchie, frustini e abitini in pelle, che indulge nel grottesco e nel cimiteriale, specie quando il commendatore assume le fattezze di Santa Giulia in croce a seno nudo. I giochi di seduzione avvengono pero con una certa leggerezza. In scena, a parte un’ incombente struttura a forma di sezione conica rovesciata (palazzo, carcere, cimitero), ci son sempre rose. Al posto del gambo, un coltello. L’ arma di seduzione si trasformera per Don Giovanni in un’ arma di morte, pugnalato appunto dalle donne che ha sedotto. Bella l’ idea di Don Ottavio effeminato (spiega molte cose) e dell’ abito settecentesco come maschera di cui liberarsi, man mano che l’ azione rivela i personaggi a loro stessi. Non mancano idee. Non tutte pero sono realizzate al meglio, soprattutto perché ai cantanti manca naturalezza nella recitazione. Il cast rivela un buon protagonista (Gezim Myshketa) e un’ ottima Donna Elvira (Maya Dashuk). La lettura di Tenan e corretta ma senza guizzi. A tratti il fuoco di Mozart sembra ridursi a flebile fiammella. Onore comunque al nuovo: lasciati i polverosi allestimenti del passato, si intraprende la strada del teatro di regia. DON GIOVANNI di Mozart. Teatro Grande di Brescia per il Circuito Lirico Lombardo
Girardi Enrico
www.operaclick.com/pagpn/vrec.php?id=1219
Dopo la tanto conclamata inaugurazione scaligera anche il Teatro Fraschini di Pavia ha vissuto la propria serata di gala: l’occasione non coincideva con l’apertura della Stagione d’Opera bensi con la celebrazione del patrono della citta, San Siro. Il pubblico accorso a teatro ed accolto da un picchetto d’onore era quello dei grandi avvenimenti: autorita politiche locali ed eleganti signore in abito da sera affollavano la sala del Fraschini opportunamente addobbata con sobrie composizioni floreali di calle bianche. Come ogni grande evento che si rispetti la serata ha avuto inizio con l’esecuzione dell’Inno di Mameli salutato con partecipazione dal pubblico presente. Gradita conferma della premurosa accoglienza tradizionalmente riservata dal Fraschini ai propri spettatori, durante l’intervallo tra i due atti dell’opera e stato offerto un calice di spumante, prassi ormai consolidata a Pavia. Questa piacevole parentesi, che per l’occasione si e svolta nell’atrio del teatro invece che nel consueto foyer, coincide con un momento di confronto in cui ci si scambiano i primi commenti a caldo sulla rappresentazione in corso. Nel caso del Don Giovanni proposto al Fraschini le prime impressioni raccolte fra il pubblico durante la pausa piu che calde erano letteralmente infuocate, alla luce dell’ardito allestimento messo in scena e che ha acceso gli animi di molti spettatori scandalizzati dall’audacia di certe soluzioni.

La lettura proposta dal regista polacco Michal Znaniecki si e infatti concentrata soprattutto sull’aspetto erotico della vicenda. I personaggi sono distintamente delineati in funzione della loro sessualita e cosi il regista non esita a fare ricorso a scene di amplessi vari ed all’esibizione di occasionali nudi che, comunque, non oltrepassano mai il limite del topless, cosi come molto evidenti risultano talune allusioni ad attrazioni omosessuali che coinvolgono in maniera piu o meno significativa Don Giovanni, Masetto, Leporello ma soprattutto Don Ottavio. Proprio quest’ultimo perde i connotati originali di promesso sposo impegnato nella difesa dell’onore dell’amata per indossare invece quelli di giovane omosessuale represso che, proprio grazie al contatto con il protagonista, giungera a maturare la piena consapevolezza delle proprie pulsioni sessuali fino al punto di indossare panni femminili.
Le donne assumono una posizione predominante rispetto al protagonista ed agli uomini in generale fino all’estremo di raffigurare l’uomo come schiavo al guinzaglio del potere femminile in un gioco sado-maso di sconcertante immediatezza. Sono pertanto le donne a muovere le fila dello spettacolo ponendosi al di sopra dei personaggi maschili che diventano mero oggetto in un capovolgimento di ruoli che tra l’altro vede Don Giovanni non piu solo come conquistatore ma soprattutto come preda (la scena dello sprofondamento del protagonista nell’abisso e preceduta dalla parodia di una grande corrida in cui Don Giovanni impersona il ruolo del toro che in un eccesso erotico estremo verra condotto al massacro per mano delle donne che ha egli ha sedotto). L’epilogo della vicenda trova in questo allestimento una soluzione piuttosto arbitraria ma non priva di spettacolarita che vede il protagonista perire non per mano della statua del Commendatore ma ad opera di una figura scultorea femminile identificata come Santa Giulia (martire cristiana del 440 crocifissa perché si rifiutava di adorare gli idoli e della quale e rispettata l’iconografia diffusa nel XVII° secolo che la ritrae appunto inchiodata ad una croce secondo una postura del corpo simile a quella del supplizio di Gesu Cristo). E’ proprio quest’ultima a scendere dalla croce su cui e immolata per trascinare Don Giovanni all’inferno vendicando in questo modo le sofferenze e le umiliazioni impartite al genere femminile.
I personaggi della vicenda sono stati immersi in un’ambientazione plumbea in cui prevalgono ampie zone d’ombra ed in cui l’elemento scenico portante e costituito da un gigantesco tronco di cono rovesciato sulla cui superficie si aprono delle finestre. Questa struttura, opportunamente illuminata, viene fatta ruotare su se stessa e talora puo aprirsi per rivelare il proprio interno, in modo da definire i vari spazi dell’azione, rappresentando ora le mura esterne del palazzo di Donna Anna, ora la dimora del protagonista in cui si svolgono tanto la festa del primo atto (caratterizzata dalla presenza di una grande giostra su cui agiscono i personaggi) quanto la scena finale, ora il cimitero in cui e sepolta la salma del Commendatore.
In un contesto cosi tetro unica nota di colore a spiccare sulla scenografia circostante e costituita dal rosso scarlatto di onnipresenti rose, evidente cifra simbolica dall’indiscutibile richiamo erotico, utilizzate dal regista per rappresentare concretamente le diverse relazioni che si instaurano fra i personaggi: esse sono ad esempio usate dal protagonista come strumento tanto di conquista (per sedurre le proprie prede) quanto di negoziazione (nella prima scena del secondo atto per comprare Leporello al fine di evitare che il servo abbandoni il padrone); nella scena finale secondo la regola del contrappasso proprio le rose saranno usate come strumento di fustigazione ai danni del libertino che verra frustato con esse.

La prova offerta dai giovani interpreti impegnati in questo allestimento ha dimostrato ancora una volta quanto la scrittura vocale apparentemente semplice pensata da Mozart per i personaggi del Don Giovanni, in realta nasconda nella sua linearita e nella sua trasparenza delle insidie tutt’altro che trascurabili per l’esecutore al quale viene richiesto un dominio tecnico piu che solido per rendere pienamente giustizia ad una linea melodica dall’estensione spesso relativamente circoscritta ma tutta costruita sul passaggio di registro e che quindi necessita da parte del cantante di un controllo dell’emissione pressoché assoluto.

Il ruolo del protagonista e stato sostenuto da Gezim Myshketa con buona qualita timbrica dal colore baritonale, emissione brunita ed apprezzabile proiezione del suono. Il suo Don Giovanni si caratterizzava piu per la convincente resa vocale che per l’aderenza scenica al personaggio. Si segnalano, fra i momenti piu riusciti della sua performance l’aria del primo atto “Finch’han dal vino” eseguita con sicurezza, quella del secondo atto “Meta di voi qua vadano” con appropriato accento insidioso e la scena finale in cui riesce a non farsi sovrastare dall’orchestra. Nei momenti in cui alla linea melodica e richiesto di galleggiare in modo soffice su di un tappeto orchestrale lieve l’esecutore appare piu in difficolta nel sostenere la scrittura mozartiana ed infatti nel celebre duetto con Zerlina e nella serenata emergono occasionalmente scorie vocali quali difficolta ad ammorbidire il suono ed un vibrato evidente soprattutto nella tenuta delle note lunghe. L’impressione definitiva e comunque positiva e lascia ben sperare per il futuro di questo cantante.

Il Don Giovanni di Myshketa non trovava adeguato contraltare nel Leporello di Ethan Herschenfeld il quale evidenziava timbro duro e legnoso che si spera poter attribuire ad una forma vocale non ottimale. L’aria del catalogo ha evidenziato serie difficolta nella gestione del registro acuto ed inoltre non si puo sostenere che la resa scenica possa compensare in alcun modo una prova vocale cosi poco soddisfacente.

Il ruolo di Don Ottavio, cosi fortemente caratterizzato dalla visione del regista, ha trovato in Giovanni Botta un interprete scenicamente totalmente immedesimato. Le caratteristiche vocali di questo tenore leggero “di grazia” dal timbro chiaro e leggermente nasale si adattavano in modo ideale alla scelta di Znaniecki di individuare nel promesso sposo di Donna Anna un personaggio effeminato ed attratto dal travestitismo. Da una simile vocalita, tuttavia, ci si aspetterebbe una maggiore sicurezza nell’emissione sia del registro acuto, cosi poco sollecitato nella parte di Don Ottavio e che ha evidenziato in Botta alcuni problemi di intonazione, sia delle agilita, risolte in modo soltanto corretto.

Andrea Mastroni prestava al personaggio di Masetto una vocalita di basso scura ed omogenea oltre che un gioco scenico dinamico che lo rendeva immediatamente simpatico agli occhi del pubblico. Nella prima aria si sono riscontrate alcune difficolta in un registro acuto raggiunto a fatica e nella quadratura ritmica del brano caratterizzato da sbandamenti piuttosto vistosi, inoltre nella voce di Mastroni si avverte la mancanza di una maggiore incisivita nella proiezione in avanti del suono; tuttavia nel complesso la sua resa vocale puo essere considerata convincente.
Di limitato rilievo la prestazione di Samuel Tao nei panni del Commendatore personaggio monolitico che acquista particolare autorevolezza solo se affidato a vocalita veramente imponenti in grado di conferire sonorita ultraterrene ad una voce che nel secondo atto deve giungere dall’oltretomba.

Il cast femminile si distingueva per la gradevolezza della presenza scenica delle tre interpreti, giovani, avvenenti e credibili come prede appetibili del libertino Don Giovanni.
Chantal Dionne si e disimpegnata in modo apprezzabile nel ruolo di Donna Anna cui prestava la propria vocalita di soprano lirico-leggero dal timbro non particolarmente suggestivo. Sia l’aria del primo atto sia quella del secondo sono state eseguite in modo corretto e con accento appropriato anche se la sua interpretazione non puo essere definita particolarmente emozionante.

La Donna Elvira di Maya Dashuk di primo acchito colpiva per l’intensita di cavata che le ha permesso di ottenere sonorita decisamente incisive nella prima aria “Ah, chi mi dice mai” in cui il consistente vibrato, altrove fuori luogo, conferiva tratti convulsi al personaggio. Nell’aria “Mi tradi quell’alma ingrata” la tendenza a spingere il suono per ottenere un’intensita sempre considerevole richiede troppo all’emissione dell’esecutrice che infatti giunge al termine del brano senza riuscire a nascondere segnali di affaticamento vocale evidenti nella parte conclusiva.

Ottima la prova di Doriana Milazzo, in assoluto la migliore di tutto il cast, che ha delineato una Zerlina pienamente calata nella lettura registica, la quale individua in questo personaggio una “padrona” dalle connotazioni decisamente sadiche. Eccellente la tenuta vocale di questo soprano lirico-leggero dal timbro penetrante ed a tratti forse un po’ querulo ma omogeneo in tutta la gamma. Le arie del personaggio sono state risolte con grande precisione musicale e con lodevole partecipazione emotiva. Tale entusiasmante prestazione giustifica completamente il reinserimento nel secondo atto del duetto Zerlina-Leporello della scena XI, solitamente omesso, ed in cui la giovane minaccia Leporello di mettere in atto ai danni del servo violenze fisiche d’ogni sorta (la scelta della reintroduzione di questa parte dell’opera contribuisce a caratterizzare ancora piu nettamente il personaggio secondo la visione di Znaniecki).

Gli artisti del Coro As.Li.Co. preparati da Antonio Greco hanno offerto una prova adeguata sia sul piano musicale che quello scenico mentre l’Orchestra Lirica I Pomeriggi musicali di Milano che, potenzialmente avrebbe potuto garantire una prestazione di solido professionismo (lo dimostra la pregevole esecuzione dell’ouverture), ha palesato difficolta a seguire il gesto non sufficientemente chiaro di un direttore che spesso non e stato in grado di gestire in modo equilibrato il rapporto buca orchestrale-palcoscenico per quanto riguarda le sonorita, ma soprattutto relativamente alla condotta dei tempi (gli scollamenti ritmici fra voci ed orchestra sono risultati decisamente troppo frequenti).

Disorientato dal provocatorio e trasgressivo allestimento scenico e dalla resa musicale alterna il pubblico, che gia durante il corso della recita si era dimostrato parsimonioso nelle manifestazioni di consenso, ha accolto la scena della morte del protagonista con attimi di imbarazzante ed eloquente silenzio finalmente interrotto da un applauso di circostanza. Al termine della rappresentazione applausi equamente distribuiti fra tutti i componenti del cast.
Al di la di ogni considerazione personale sulla riuscita di questo Don Giovanni non si puo fare a meno di riconoscere alla direzione artistica del Teatro Fraschini il merito di avere avuto il coraggio di proporre in provincia e per un’occasione cosi ufficiale un allestimento tanto originale e di impatto forse non immediato su di un pubblico probabilmente maggiormente propenso ad applaudire spettacoli di impostazione piu tradizionale.
Fulvio Zannella